The Breadwinner – La Realtà, La Narrazione E La Memoria

The Breadwinner – La Realtà, La Narrazione E La Memoria

A volte raccontare una storia, sfruttare a pieno la forza delle parole e di quelle immagini che esse risvegliano nella nostra mente è l’unico modo per tramandare ciò che è il senso profondo di quei racconti, reinterpretare una realtà terribile in un mondo simbolico che riesca a farci toccare con mano cosa ci sia dietro le imprese di un giovane eroe, mantenere in vita la storia di qualcuno.

Non si tratta di retorica spicciola ma della capacità di trascinare il pubblico all’interno della narrazione, di credere in quello che la storia ti lascia dentro, in quella realtà celata dietro archetipi e strutture, il senso pieno di ciò che si vuole lasciare al fruitore e stimolarlo con qualcosa su cui riflettere.

Un racconto educativo è (o per lo meno dovrebbe essere) essenzialmente questo. Può essere un’opera di fantasia ma al suo interno contenere qualcosa che simula la realtà, la plasma, la riformula e la riorganizza sotto una forma artistica e (si spera) un’ottica sempre nuova.

Nel caso di The Breadwinner (arrivato nelle nostre sale con il titolo I Racconti di Parvana) ci si trova di fronte ad un film d’animazione che tenta di portare avanti questo intento pedagogico e allo stesso tempo esaltare il potere immaginifico e rievocativo del racconto nel suo farsi.

La storia, tratta dal romanzo omonimo di Deborah Ellis e diretto dalla regista Nora Twomey, racconta le vicende di Parvana, una bambina afgana che aiuta la famiglia a sbarcare il lunario in una quartiere povero di Kabul sotto il regime dei talebani.

Suo padre Nurullah, ex professore di storia, le ha insegnato a leggere e a scrivere e cerca di tramandarle il potere dell’affabulazione, il dono di sapere raccontare il passato, la storia, la memoria attraverso la favola; perché in fondo, come dice lui stesso, le storie rimangono nel cuore quando tutto il resto se ne va. Nurullah è stato testimone dei cambiamenti che hanno riguardato l’Afganistan, della scesa al potere del regime, delle guerre continue che tutt’oggi stanno dilaniando il paese (una delle quali lo ha reso infermo) e vuole che sua figlia, oltre a saper fare un mestiere, possa ricordare e mantenere in vita le storie della sua famiglia, della sua gente, nel tempo. Magari attraverso una favola.

Parvana però è una ragazzina costretta costantemente a nascondersi, a coprirsi, a celare i propri insegnamenti, a sopravvivere come qualsiasi donna sotto il potere del regime che la vorrebbe già sposa e sottomessa ad un marito.

Un giorno Nurullah viene ingiustamente arrestato e imprigionato dal regime, gettando così la famiglia in un’insostenibile stato di indigenza. La legge dice che le donne non possono uscire se non accompagnate da un uomo e gli unici membri rimasti sono una madre dolce ma fragile, una sorella in età da matrimonio e un fratellino troppo piccolo. La chiava per la loro sopravvivenza sarà allora Parvana. Si fa tagliare i capelli e con il nome di Aatish inizia a provvedere al sostentamento dei suoi cari e nel frattempo cerca di scoprire dove è stato portato il genitore e salvarlo. Tutto questo a discapito della possibilità di essere scoperta e uccisa.

Finalmente può muoversi per le strade senza doversi coprire, può comprare pane e riso da sola, raccogliere l’acqua dal pozzo e guadagnare qualche soldo. Riesce a trovare un lavoro. Inizia perfino a sognare un futuro diverso, lontano da quella realtà fatta di privazioni e violenza, immaginando un futuro nel segno di una libertà insperata.

In The Breadwinner c’è anche un racconto nel racconto, la storia di Suleyman, un ragazzo di un piccolo villaggio, i cui abitanti sono vittime delle continue razzie di grano da parte di feroci creature al servizio di un gigantesco essere malvagio, noto come Re degli Elefanti. Per sopravvivere alla carestia e salvare il villaggio, Suleyman parte alla ricerca del covo del Re degli Elefanti e restituire il grano rubato. Questa favola è il racconto che Parvana narra, tramanda e costruisce di volta in volta per l’ascoltatore che le si trova vicino. Passo dopo passo la narrazione prende forma grazie alla sua immaginazione, alla sua fantasia infantile; esattamente come il romanzo da cui è tratto, trae spunto dalla realtà, quella realtà che la piccola vive ogni giorno, ma anche dalle sue paure, dai suoi sogni, dalla gentilezza delle persone che incontra e che interagiscono con lei.

Stimoli, ricordi, immagini, uomini e (soprattutto) donne che stratificano la narrazione e che riconducono alla messa in scena di uno status sociale costretto a subire e a nascondersi, a celarsi dietro vesti maschili. La vicenda narrata dalla Ellis, che ha anche collaborato alla sceneggiatura del film, non è molto diversa da quella di Osama del 2001, titolo drammatico del regista Siddiq Barmak, su una ragazzina che si traveste da maschio per guadagnarsi cibo e sostentamento per la madre e la nonna in assenza del padre (morto in guerra); altro film che partiva dalla realtà per denunciare le violenze, le privazioni e le persecuzioni contro le donne afgane nate e cresciute sotto il regime talebano, costrette a celarsi dietro il burqa, a morire di fame non potendo neanche uscire per dare sostentamento ai propri figli o lapidate per aver infranto la legge.

Non è un caso che il film sia stato prodotto da Angelina Jolie, attrice e diva hollywoodiana da sempre impegnata in prima linea sulle questioni umanitarie, in particolare la difesa dei diritti delle donne. Grazie ad uno stuolo di figure femminili ricche di dignità e determinazione, The Breadwinner esalta il coraggio e la resistenza di queste protagoniste di fronte ai soprusi e alle violenze che subiscono ogni giorno. Racconta la tragedia quotidiana di queste persone senza nascondere aspetti della realtà alquanto drammatici: le bombe che cadono dal cielo, i corpi massacrati da mine antiuomo, il pericolo costante di essere uccisi dai fanatici estremisti.

Il film si avvale di un linguaggio estetico facilmente fruibile per un pubblico giovane e si fa carico del suo messaggio utilizzando una narrazione palesemente e dichiaratamente simbolica con riferimenti al mito, agli archetipi di Propp e al viaggio dell’eroe di Campbell e Vogler. Quest’ultimo aspetto è incarnato e metaforizzato nella stessa favola di Suleyman raccontata e sviluppata da Parvana, dove il ragazzo ne attraversa ogni fase (Superamento della soglia; Caduta, morte/rinascita; Prove da superare, Scontro finale con l’antagonista; Ritorno con l’elisir). Ed è proprio dietro la fantasia e il peso simbolico del racconto che si rintracciano i segni di quella realtà terribile a cui il film fa costante riferimento.

Le conseguenze terribili di tante guerre civili, dei bombardamenti e dell’oscurantismo culturale hanno lasciato segni indelebili sui corpi e le anime di un popolo costretto a subire e a piegarsi e di quelle persone ne stanno cancellando la storia, la memoria di chi si è stati, il passato, elementi che però possono rivivere, anzi “resistere” grazie alla fantasia della giovane protagonista che impara a sfruttare l’intrinseca potenza affabulatoria della narrazione: la favola di Suleyman è la fonte di coraggio e fiducia in sé che la porta ad affrontare ogni difficoltà per salvare suo padre e, allo stesso tempo, è l’unico mezzo che le resta per tenere vivo il ricordo di un fratello la cui vita è stata drammaticamente spezzata da un ordigno esplosivo nascosto nel terreno.

La regista Nora Twomey, che in passato aveva già lavorato a progetti d’animazione basati su racconti segnati dal mito e dalla tradizione culturale di un popolo con giovani donne protagoniste, come detto, lavora sul piano visivo mantenendo un tono minimale e semplice alternato a delle sequenze visionarie in cui a farla da padrone sono la ricchezza cromatica e le forme bidimensionali, attimi in cui la realtà lascia spazio al sogno, alla fantasia, all’incanto e prende vita di fronte agli occhi del pubblico la favola che Nurullah o Parvana stanno raccontando.

Dove The Breadwinner appare leggermente limitato è in quella stessa necessità comunicativa e pedagogica che finisce per piegarsi ad una retorica fortemente didascalica. Tuttavia, vista la necessità del messaggio e il desiderio dell’attrice e produttrice americana di far avvicinare i più giovani a problematiche complesse, si tratta di colpe assolutamente veniali.

Ciò che non passa in secondo piano è senza dubbio l’incisività discorsiva e visiva con cui le autrici di The Breadwinner riescono a parlare allo spettatore toccando argomenti drammatici e attuali.

The Breadwinner è un progetto piccolo ma di gran cuore; una storia che affascina e resta impressa nel suo porsi come necessario inno sul potere salvifico dell’arte. Forse una favola non basterà a cambiare il mondo, ma si rivela uno strumento efficace (se ben usato) per mantenere viva la memoria di chi non c’è più e la storia di chi siamo. Attraverso la capacità di trasfigurare il reale nel fantastico, il dono affabulatorio può essere l’arma per sopravvivere ad un presente che non lascia spazio alla libertà e alla conoscenza.

Per questo un film come The Breadwinner è anche un invito a reagire contro l’ignoranza e l’oscurantismo che ci rende bestie prive di empatia. Apre invece alla possibilità di poter tornare a credere in un domani migliore, purché si prenda coscienza delle terribili realtà di cui sappiamo l’esistenza ma tendiamo a ignorare. Peggio ancora, a dimenticare.

Laura Sciarretta

Laura Sciarretta

Laura Sciarretta: (14 dicembre 1988) è laureata in Letteratura Musica e Spettacolo alla Sapienza di Roma dove approfondisce le proprie conoscenze umanistiche. Dopo un periodo un po’ complesso, frequenta il corso magistrale in Spettacolo teatrale, cinematografico e digitale, sempre alla Sapienza, dove si laurea in forme e modelli del cinema italiano. Nel frattempo inizia alcune collaborazioni, ricordando in particolare l’esperienza formativa e indimenticabile con il portale on line “Rear Windows”, per cui scrive diversi articoli e collabora attivamente dal 2014. Le viene proposto di entrare a far parte di “Liberando Prospero” verso la fine del 2018. Visti gli obbiettivi del collettivo, tra cui la comune volontà di proporre analisi, prospettive e riflessioni nuove e sempre attente al contesto culturale e ricettivo, alle tendenze e al pubblico con cui l’arte, il cinema, il teatro, la serialità televisiva e i nuovi medium entrano in comunicazione, coglie questa opportunità con ritrovato e genuino entusiasmo.

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