Skam Italia 4: Cronaca Di Un (Parziale) Salvataggio
Tutto ha avuto origine da un’idea: proporre una web serie fresca, stimolante, capace di catturare l’attenzione e la curiosità del pubblico dei Millennials. Come? Raccontando il loro mondo, la loro vita di tutti i giorni, le giornate spese tra casa e scuola nel modo più vicino alla loro sensibilità. Anzi, offrendo loro un prodotto in grado di replicarne il linguaggio, il modo con cui si relazionano con il mondo e fruiscono delle storie ai tempi della cultura digitale. Ecco come è nata Skam, web serie norvegese ideata da Julie Andem per la TV pubblica NRK.
In breve tempo si trasforma in un piccolo fenomeno di culto fino ad attirare su di sé una curiosità sempre maggiore anche in altri paesi.
Skam: Nascita di un fenomeno
Skam va in onda per quattro stagioni tra il 2015 e il 2017 e segue le vicende quotidiane di un gruppo di adolescenti di un liceo nel West End di Oslo. Ogni stagione, a seconda del protagonista, assume il punto di vista di uno studente e affronta una particolare problematica che lo riguarda da vicino: la prima stagione segue la relazione tra Eva e il suo fidanzato; la seconda si concentra su Noora, nuova studentessa con un passato pieno di segreti; la terza mostra le difficoltà di Isak nel vivere con serenità la propria natura di omosessuale; la quarta affronta invece il problema dell’inclusione culturale attraverso il personaggio della giovane mussulmana Sana.
La particolarità di fondo è sia nell’approccio scelto per sviluppare la narrazione sia in termini di puro “linguaggio”. Prima e durante la settimana vengono rilasciate delle clip su un portale online in cui l’azione si svolge. Poi, queste pillole sono riunite nell’episodio completo, in onda tutti i venerdì. Lo storytelling “tradizionale” è dunque sostituito da quello che Henry Jenkins definisce un racconto transmediale.
Ciascun protagonista possiede un account Facebook, WhatsApp e Istagram in cui condivide contenuti, pensieri, riflessioni, stralci di conversazioni e foto sulla sua vita. Come se quanto accade stesse effettivamente accadendo in “tempo reale” (ogni clip infatti riporta il giorno e l’ora in cui si svolge la diegesi). Si assiste ad un racconto che si sviluppa “qui e ora”, che non si esaurisce nella trattazione dell’episodio in sé ma si alimenta di tutto ciò che si muove attorno all’azione principale.
Attraverso il dialogo tra interazioni social, immagini e stralci di conversazioni la narrazione si struttura attraverso indizi da seguire e da associare alla visone delle clip. Propone una ricchezza di informazioni che lo spettatore deve essere pronto ad acquisire; fornisce alla scrittura un contesto di sviluppo ottimale su cui lavorare per le puntate future.
Il resto dipende da chi guarda e da come sceglie di relazionarsi alla visione.
Se lo spettatore è disposto a seguire le regole originarie del format; a stare al gioco, vive un rapporto del tutto attivo e virtuale con ciò che sta guardando. Può, in sostanza, afferrare le varie sfumature della storia a patto di seguire l’intreccio e l’evoluzione della trama allo stesso modo con cui un adolescente di oggi percepisce le informazioni nell’epoca contemporanea; costantemente sommerso da input e stimoli visivi; abituandosi ad una forma di narrazione istant e filtrata dall’influenza del digitale.
Dove Skam ha costruito la propria fortuna è proprio su queste basi: nella capacità di suscitare curiosità ed entusiasmo nei giovani spettatori; nel proporre una dimensione narrativa che sommerge continuamente lo spettatore di input e informazioni (come se quanto accade stesse accadendo ad un compagno di scuola); perché mette in scena una quotidianità (quella giovanile) priva di moralismo e facili luoghi comuni. Per come riesce ad adattare il proprio linguaggio ai modi e ai tempi con cui i giovani interagiscono e percepiscono la realtà.
Lentamente il fenomeno Skam inizia ad attirare l’attenzione del pubblico giovanile in modo esponenziale, ben oltre i confini nazionali. Grazie all’acquisizione dei contenuti video (tramite Youtube e canali streaming) da parte degli utenti e al crescente passa-parola spopola tra i giovanissimi. Diverse produzioni mondiali acquistano immediatamente i diritti per adattare il prodotto al proprio entroterra culturale e alla propria realtà socio-culturale. Proprio questa adattabilità unità alla capacità di lavorare sullo storytelling, ha permesso al format di avere successo e rivolgere il medesimo linguaggio ad un contesto creativo ogni volta ricco di possibilità, senza timore del confronto con l’originale.
Skam ha poi saputo rinnovare sé stesso di stagione in stagione. Ha offerto piccoli spaccati di vita vera alimentandosi di una “realtà” tanto ontologica quanto specifica. Ha offerto un modello con cui molti hanno scelto di confrontarsi. A seconda dell’intelligenza di registi, produttori e sceneggiatori coinvolti, il format è stato riadattato a diversi contesti culturali e sociali, con risultati che hanno portato a esiti alquanto variegati e significativi nel raccontare la realtà giovanile.
Tra questi remake, c’è Skam Italia il cui format è stato acquisito dalla Cross Productions e da TimVision.
Skam Italia: La gioventù, il format e lo spettatore
Dal 2017 TimVision si occupa del servizio streaming. Le prime due stagioni seguono lo stesso principio dell’originale: aggiornamenti quotidiani con libero accesso ad un sito web in cui è possibile ritrovare contenuti extra (foto, stralci di conversazione Whatsapp o Messanger, post con selfie, semplici annunci di una festa, di una riunione della Radio Osvaldo) tra una clip e l’altra, quest’ultime rilasciate in tempo reale e rese disponibili fino a 24 ore. L’episodio completo è poi reso disponibile per l’accesso streaming agli abbonati della piattaforma.
Skam Italia replica il medesimo meccanismo di base, riprende le stesse situazioni e persino i personaggi sono simili (cambiano giusto alcuni nomi). A fare la differenza, c’è un lavoro di scrittura e di ricerca sul campo per cui oggi storia, seppur familiare, assume connotazioni e contestualizzazioni proprie. Aspetti riconoscibili della realtà liceale romana (pensiamo solo ai continui spostamenti sui mezzi, ai ritrovi al bar o all’attività di gruppo). Un lavoro sul cast giocato attorno alla naturalezza delle interpretazioni.
Dove però lo showrunner, nonché regista e produttore, Ludovico Bessegato dimostra di aver capito la forza e le potenzialità del format originale, si riscontra in quei precisi aspetti che non saltano subito all’occhio. Elementi che portano il discorso del teen drama all’italiana su un livello rivoluzionario e aperto alla sperimentazione.
Ogni elemento narrativo acquisisce immediatamente peso tanto quanto la prova mimetica di tutto il cast e la partecipazione della fanbase. I tempi morti, i momenti di puro svago, persino un breve segmento in cui il personaggio non fa nulla di significativo; hanno lo stesso peso delle scene in cui i personaggi dialogano, entrano in conflitto o svelano apertamente qualcosa di sé stessi. Ogni piccolo dettaglio di una storia finisce per assumere un peso ulteriore nelle stagioni successive: l’atteggiamento protettivo di Martino verso Giovanni nella seconda stagione; cosa ci sia dietro le battute di Eleonora quando evita di parlare di sé o della ragione sul perché abbia cambiato scuola a metà anno.
Lo spettatore costruisce lentamente la giusta empatia con i personaggi; impara a guardarli stando in mezzo a loro; conoscerli con il tempo e con lo stesso approccio con cui essi accolgono informazioni ed eventi nella vita reale. Il linguaggio adottato è praticamente costruito sul loro modo di interfacciarsi al mondo e su quella vitalità senza freni tipica di un adolescente. Ancora meglio. Skam Italia mette in luce sistemi e criticità del contesto che racconta evitando di cadere nella forma tipica di certa fiction nostrana spesso incarnata in un forma di rappresentazione troppo edulcorata, paternalista, e (quel che peggio) poco interessata a riflettere su ciò che riguarda i giovani da vicino.
Spostando lo sguardo più in là, alle realtà seriali contemporanee, Skam compie una piccola rivoluzione gentile. Alcun teen drama recenti hanno tentato una messa in quadro dell’adolescenza più chiaroscurale, in cui i protagonisti si confrontano con il proprio lato oscuro (13 reasons why) o un trauma indicibile (Euphoria); altri raccontano una realtà disfunzionale virata però nel segno della commedia e del grottesco (Sex Educations). Skam propone una prospettiva ben più solare e patinata. Eppure nella sua forma più puramente discorsiva appare così trasparente e solida da garantire un livello di credibilità affatto scontato.
La forza di Skam Italia è nel dialogo costante tra immediatezza, ricerca sul campo e sperimentazione sul linguaggio.
Riesce in sostanza a riportare un senso di realismo rispetto al mondo dei giovani e al modo in cui vivono le proprie esperienza. Ogni personaggio è un ragazzo/ragazza come tanti altri, che frequenta la scuola, che (in qualche caso) vive le prime esperienze sessuali; che cerca di superare l’anno indenne senza farsi bocciare; che ha rapporti più o meno duraturi con i suoi coetanei. Skam li mostra senza negarne i comportamenti sbagliati, le ingenuità e il senso di vergogna e di insicurezza. Anzi sono proprio questi aspetti che permettono ai ragazzi di scoprire sé stessi, crescere e formarsi come individui.
I protagonisti delle quattro stagioni si trovano a far scontrare il loro mondo sicuro con l’esterno. Ognuno si fa portavoce di una problematica differente e specifica: il senso di colpa di Eva per aver scelto Giovanni al prezzo di un tradimento; la difficoltà di Martino di vivere apertamente la sua natura omosessuale con i suoi amici; le barriere emotive costruite da Eleonora dopo essere stata vittima di slut-shaming e della crudeltà dei ragazzi; la ricerca di una conciliazione tra fede e voglia di integrarsi di Sana.
Temi ricorrenti che assumono una forza discorsiva universale grazie a quel misto di intelligenza nella scrittura che già era proprio del format originale.
Ed è così che un teen drama italiano ha potuto affrontare questioni complesse (l’erotismo, il desiderio di svagarsi, le droghe leggere, il cyberbullismo, la mascolinità tossica, il revenge porn) senza invocare facili giudizi dall’alto. Anzi ha sviluppato un possibile dialogo alla pari tra spettatore, storia e personaggi.
Ma a questa forza centripeta, rivolta all’interiorità dei personaggi, a quanto accade nella diegesi, al puro storytelling, fa da contraltare una spinta centrifuga altrettanto significativa. Una forza che tra linfa vitale dalle possibilità offerte da quel racconto “in tempo reale” e transmediale di cui si parlava poc’anzi.
Le clip strutturano la storia orizzontale del singolo protagonista grazie al costante dialogo tra social media, teen drama e realismo, Skam Italia ha saputo proporre un ampliamento in verticale che per ampliare ulteriormente la narrazione di dettagli, garantire una dimensione corale per l’evoluzione di ciascuna figura.
Almeno questo è stato possibile finché la distribuzione di TimVision lo ha concesso. Ma cosa resta di un prodotto simile, se viene meno il linguaggio di base? In questo caso, Skam è ancora capace di favorire un contesto sperimentale nel rapporto tra visione e spettatore?
Skam Italia 4: Sana, la realtà e Netflix
Per rispondere alle domande, ora che siamo arrivati alla quarta stagione di Skam Italia, è necessario fare una piccola premessa.
Il primo punto di rottura fu a seguito della nuova politica adottata da TimVision. Con la terza stagione cambiano di fatto le regole. Le clip, gli episodi e tutti i contenuti social sono esclusivi ad uso e consumo dell’abbonato. La fanbase, vedendosi negata la possibilità di fruire gratuitamente del prodotto, fa sentire il proprio rifiuto di soggiogare a questa nuova strategia.
Il sistema Skam poi inizia a mostrare delle piccole crepe più o meno evidenti: le clip rilasciate a orari imprecisi, spesso in ritardo; i contenuti social sono alquanto ridimensionati; le interazioni sono molto meno incisive rispetto alla trama orizzontale.
La stessa gestione narrativa, la trama sentimentale che lega Eleonora a Eodardo, appare leggermente superficiale; non approfondisce a dovere sufficienza il contesto familiare dei protagonisti. Risulta poi si troppo frettoloso il cambiamento di Edoardo da bullo egoista a persona sensibile e tenera.
Altra tegola: Nell’estate del 2019 i produttori annunciano la cancellazione della serie, fermandosi di fatto a tre stagioni.
Poi la svolta: Netflix, il colosso mondiale dello streaming, che ha già salvato diverse serie tv condannate alla cancellazione (Lucifer o Arrested Development), ne acquista i diritti. Mantiene intatta la collaborazione con TimVision e pianifica il rilascio per la primavera del 2020 direttamente sulla propria piattaforma. Il ritorno attivo di Ludovico Bessegato in sede di regia, sembra riportare ottimismo nelle menti di chi già vedeva condannato tutto il buon lavoro svolto.
A questo punto, però, entra in gioco un ulteriore fattore esterno a complicare le cose. Agli inizi del 2020, dopo appena un mese dal rilascio delle prime tre stagioni su Netflix, scoppia l’emergenza Covid-19. scuole chiudono a causa del lockdown; gli studenti sono costretti seguire le lezioni da casa; la realtà quotidiana senza preavviso cambia. Viene a mancare quel senso di realtà quotidiana a cui la serie aveva fatto fin lì affidamento. Fruire l’esperienza del racconto in tempo reale non è possibile. Ritenendo poco credibile una narrazione istant i ragazzi lontano dalla scuola e da altri luoghi di aggregazione, si è optato per il piano B.
Per restare fedeli a una la politica distributiva tanto familiare agli abbonati della piattaforma Netflix, gli episodi stagione vengono rilanciati in blocco. Niente più clip, niente più feed dei personaggi sui social, niente più attesa tra un frammento di storia e il successivo, niente più racconto transmediale. Viene a mancare la dimensione peculiare di quel format che aveva ottimamente caratterizzato le prime due stagioni e, seppur a fatica, la terza.
Gli abbonati Netflix che non conoscevano Skam hanno vissuto l’esperienza di visione come un tipico prodotto da vedere da binge-watching. Un modello di fruizione agibile ma lontano dagli intenti iniziali. Chi invece ne aveva seguito lo sviluppo “in tempo reale”, si è ritrovato a interagire con una normalissima serie tv. Niente portale on line, nessun contenuti extra. Uno storytelling tradizionale, senza post dei ragazzi, senza profili social, senza linguaggio transmediale. Nulla. Solo uno sviluppo orizzontale privo della spinta verticale; un episodio visto di seguito all’altro senza che il tempo intercorresse nello sviluppo della storia e della crescita emotiva del protagonista.
Per fortuna, ad alleggerire il dispiacere per una soluzione di comodo tanto necessaria quanto problematica, c’è stato un passa in avanti. Con la quarta stagione c’è la capacità riflettere (sul)la realtà in modo nuovamente attivo e denso. Merito del coinvolgimento della sociologa ed esponente della comunità musulmana femminile italiana Sumaya Abdel Qader (che ha partecipato come consulente in fase di scrittura) Skam affronta la complessa questione dell’integrazione culturale vissuta da una giovane musulmana che ha scelto liberamente di portare il velo.
Questa stagione prende le mosse dalla prospettiva di Sana che, per la prima volta, la vediamo come una persona ben più fragile che in passato, a disagio rispetto al pregiudizio che avverte attorno a sé, in difficoltà ad aprirsi e a lasciarsi andare ai sentimenti. Proprio lei che del gruppo delle “sfigate” è sempre stata quella più arguta, pronta a rispondere alle offese con sano sarcasmo. Una ragazza che ha trovato un equilibrio emotivo grazie alla propria fede ma che sta ancora tentando di far collimare quello che è il suo essere con un contesto sociale che fa fatica a comprenderla.
In un dialogo in particolare Skam Italia affronta direttamente la questione parlando della paura del pregiudizio e della necessità di abbattere le etichette discriminatorie. Rispondere alle domande stupide per costruire un ponte comunicativo attraverso cui favorire la comprensione reciproca.
E poi ancora, l’audio messaggio in cui Sana registra confida la rabbia taciuta per anni a seguito degli insulti ricevuti, ha una forza discorsiva disarmante. Ammette di aver sempre sofferto per quei comportamenti più o meno inconsapevolmente discriminatori dei suoi compagni; confessa il disagio per il fatto di non essere vista al di là dell’abito che indossa; per le contraddizioni insite nel luogo domestico.
La gestione e la struttura corale dell’intreccio in Skam Italia 4 offrono poi l’occasione per approfondire maggiormente anche i cosiddetti “personaggi secondari”; arricchirne le sfumature e concluderne gli archi narrativi: svelando segreti nascosti tra le pieghe delle trame precedenti (in particolare nel legame tra Sana e Federica); rimettendo al centro il dialogo “generazionale” tra genitori e figli (pensiamo ai momenti tra Sana e sua madre) .
Peccato che, a differenza della sua protagonista, abbia finito per tradire (in)colpevolmente parte dei valori su cui si reggeva e perdere una parte di sé.
Ecco perché Skam Italia 4 è la cronaca di un parziale salvataggio; la storia di un buon prodotto teen che non ha potuto restare fedele a quella freschezza nel linguaggio che faceva la differenza. Alla fine resta una stagione conclusiva più “normale” nell’impostazione, che però, ha saputo mantenere un senso di compattezza strutturale e di gestione narrativa davvero encomiabili.
Nonostante tutto, sarebbe sciocco ignorare ciò che Skam Italia può rappresentare oggi rispetto al modo di intendere certa la fiction italiana.
Siamo di fronte al perfetto esempio di cosa succede quando contesto creativo e produttivo dialogano con serenità e mestiere. Resta solo da capire se la serialità italiana sarà in grado di portare avanti quanto di buono fatto da Bessegato. Se dopo Skam e i discreti risultati di serie teen quali Baby, Summertime e Curon, siamo di fronte ad una piccola rivoluzione o solo ad una breve parentesi di libera sperimentazione.
Laura Sciarretta