Silence Is (Not) Sexy

Molte, forse troppe volte, il fruitore medio si approccia in maniera imperfetta a tutto ciò che significa suono e musica. Più che in altri contesti artistici l’elemento istintivo, emozionale, finisce per avere la meglio sull’utente che ascolta un album o un brano. Ci si concentra sull’emozione che un giro di note suscita nell’ascoltatore, poi, eventualmente, sulla cura riposta nella scrittura nel testo e nella bellezza della voce di chi canta. Si perde, inevitabilmente, tutto il resto, si perde il contesto produttivo che ha generato quei suoni, quell’approccio al brano, addirittura i singoli movimenti del performer di turno su un determinato palco; si perdono le sfumature, si perde la profondità, si perde la complessità di un momento performativo e musicale altrimenti complesso fino a gradi inimmaginabili. Cosa ha generato quel brano? Perché in dischi lontani decenni ricorrono sempre gli stessi suoni? Quanto rapporto c’è tra la tradizione e il modo in cui una cantante si muove sulla scena? Cosa ha significato un determinato evento live, un concerto di una band o di un cantante, per il contesto socio-culturale in cui quell’evento si inserisce?

A questa e ad altre domande proveremo a rispondere attraverso le riflessioni raccolte in quest’area del Libro, nel tentativo come sempre, com’è chiaro, di espandere l’analisi oltre gli stessi limiti dell’oggetto d’arte e cercando dunque di portare avanti quell’approccio interdisciplinare a cui continuamente puntiamo, così da stimolare chi legge ad un confronto con l’opera d’arte musicale il più possibile oggettivo.